Attrazioni ‘terapeutiche’
3 Giugno 2019/ di Aldo Avancini /
Quando le attrazioni diventano simili a esperienze a scopo medico.
Premesso che i principi fisici che gestiscono le sollecitazioni generate da un’attrazione sul corpo dell’ospite sono ormai ampiamente sperimentati, succede che nel settore dell’entertainment si cerchino nuove applicazioni che permettano di generare il doveroso feeling; applicazioni che in alcuni casi sono ‘border line’, cioè non sono propriamente attrazioni e non sono totalmente diverse dalle attrazioni come le varie realtà – aumentata, virtuale e così via – che privilegiano però una preminenza della manipolazione controllata, ovvero attuatori controllati da un’elettronica sempre più raffinata.
Credo però che non siano molti quelli che negli uffici tecnici abbiano pensato a risvolti o applicazioni nel campo della gestione di problemi di salute! In senso molto ampio si può addirittura pensare che anche applicazioni assolutamente turistiche possano avere rientrare in qualche modo in questa categoria. Mi riferisco ad esempio alla lunghissima passerella sul Grand Canyon (il Gran Canyon Skywalk) in Arizona, come anche alla terrazza a 340m d’altezza del grattacielo Jin Mao Tower di Shanghai, che essendo entrambe di cristallo, permettono di “camminare nel vuoto”, permettendo anche a chi soffre queste altezze di farsi forza usufruendo di questa possibilità non certo comune. Penso che questo sia un campo tutto da scoprire, anche se l’intervento deve essere assolutamente tecnico e non certo publirelazionistico. L’approccio ingegneristico non è invece né il primo né il più considerato (e quando parlo di approccio, non mi riferisco a studi molto ma molto rilevanti, basterebbe a mio avviso anche molto meno).
Voglio qui menzionare la ricerca di un’università americana che ha costruito modelli di reni in materiali sintetici che ha poi riempito di una soluzione analoga all’urina umana, inserendovi anche dei calcoli (sì proprio sassolini di varie misure). A questo punto dei volontari, con addosso zaini contenenti i suddetti simil-organi, hanno effettuato più giri su varie tipologie di roller coaster. L’esperimento ha permesso di redigere un rapporto dove si evince che i risultati migliori per l’espulsione dei calcoli (o meglio, per facilitarne l’espulsione) si sono ottenuti su coaster con dinamiche importanti o molto importanti ma senza capovolgimenti, e che l’espulsione viene facilitata sedendo nelle ultime file. Queste offrono infatti un’efficienza di espulsione superiore di 4 volte quella delle prime file. E questa è indirettamente anche una conferma che nelle file posteriori le accelerazioni sono più importanti rispetto alle file anteriori: un concetto comune fra i tecnici, ma molto meno tra i fruitori che confondono il vento nei capelli con le accelerazioni.
In maniera molto più indegna ma senz’altro più vicina a molte situazioni odierne, non scendendo in dettagliate descrizioni, voglio citarvi anche un prototipo finalizzato alla cura di alcune fobie molto comuni come la paura dei ragni, degli scorpioni, dei serpenti ecc. Questo prototipo, che non mi risulta aver avuto seguito ad oggi, era composto da tre schermi (due laterali ed uno frontale), sui quali con proiezioni sincrone, veniva proiettata una passeggiata nel deserto (o nella savana o in qualsiasi altro ambiente voluto) e da un piccolo tapis roulant (giusto quelli da palestre, per intenderci) con la velocità sincronizzata a quella della proiezione. Il tutto all’interno di un box dove, per aumentare il coinvolgimento, venivano ricostruite le condizioni ambientali della proiezione (temperatura ed umidità).
Cosa accadeva? L’ospite soggetto magari a una fobia verso i serpenti “camminava” sul tappeto, mentre sullo schermo veniva proiettato l’ambiente desertico dapprima inanimato, poi attraversato da un serpente posto però in lontananza, più avanti ancora da un altro serpente che strisciava parallelo, poi un altro più vicino e così via… con frequenze via via più elevate, a sottolineare come ci si può abituare gradualmente a questa vista. Addirittura si proponeva che all’uscita da quest’attrazione pseudomedicale ci fosse un tratto di pavimento trasparente, sotto cui si muovevano alcuni serpenti vivi, giusto per completare l’approccio.
Non saprei dire che tipo di ospite potrebbe attrarre una simile soluzione, forse uno più vicino al malato che vuol guarire rispetto all’ospite voglioso di divertimento; ma il tutto può essere oggetto di riflessione.
Articolo estratto da Games&Parks Industry Giugno 2019, pagina 84
Ing. Aldo Avancini / Proposta Srl / proposta_design@yahoo.it