L’uso di fibra di vetro e fibra di carbonio: quali problematiche?
3 Febbraio 2019/ di Aldo Avancini /
Parliamo di due materiali compositi.
Ultimamente riscontro un maggior interesse (per ora a livello informativo) per le problematiche insite dell’utilizzo strutturale di due materiali compositi: la fibra di vetro e la fibra di carbonio. La prima di utilizzo comune (anche se non strutturale), la seconda relegata a usi molto specifici e costosi.
Premesso che come “materiali compositi” si individuano materiali che si basano su più componenti che rimangono separati tra di loro, per la vetroresina si può immaginare che le fibre variamente disposte siano ‘bloccate’ da una resina di varia tipologia chimica con il solo compito sostanziale di assicurare rigidezza e resistenza. Il materiale che ne risulta offre caratteristiche meccaniche (ma non solo) di gran lunga superiori a quelle offerte dai singoli materiali presi separatamente, che avrebbero un comportamento fragile, con risposta quasi lineare, sino alla rottura.
Per giusta e doverosa chiarezza, preciso che con l’analisi dinamica si riescono a definire le sollecitazioni generate sul materiale, ed operando in laboratorio con verifiche strumentali si riesce a identificare la capacità strutturale del materiale di sostenere tali sollecitazioni. L’accettazione del componente di normale produzione passa però anche e soprattutto attraverso l’operatività dei vari addetti!
Innanzitutto il lavoro permette di dividere i difetti in fase di produzione (legati essenzialmente alla disuniformità di spessore della resina tipica ad esempio, di stampi con dossi e valli e inclusione di corpi estranei compresa l’aria) dai difetti in fase di esercizio (legati essenzialmente a delaminazioni, fibre libere, rotture superficiali per colpi, o quant’altro).
Il tutto si risolve comunque nella risposta a due domande fondamentali.
La prima, semplice quanto banale, si può rozzamente identificare nell’affidabilità produttiva, ovvero che confidenza posso dare ai risultati di laboratorio/campionatura. In questa fase di studio sul campo e tramite la disponibilità di un produttore sono stati prodotti campioni specifici di vetroresina di spessore controllato comparati con campioni di vetroresina tagliati da manufatti di normale produzione. Questi due gruppi (quello di produzione specifica e quello di prelievi dalla normale produzione) non hanno evidenziato incongruenze rilevanti fra loro, né tantomeno fra i campioni della stessa serie.
Ben più importante è la domanda successiva che riguarda i metodi investigativi strumentali per verificare che il manufatto prodotto presenti le caratteristiche meccaniche volute.
Scontate quindi le investigazioni di primo livello (visivo, peso unitario, spessori, reticolazioni…) quali altri esami, quali altre verifiche possono essere fatte? Penetranti? Magnetico? Ultrasonoro? Raggi?
È chiaro che queste proposte sono provocatorie. Ma allora come posso considerare nelle mie valutazioni numeriche i valori meccanici che derivano dalle prove distruttive fatte? L’una tecnologia evidenzia solamente indicazioni ‘aperte’, assolutamente e ovviamente presenti nel manufatto; altre presuppongono un ambiente magnetizzabile, altre ancora una trasmissibilità, una compattezza, una densità sostanzialmente costante e così via.
Articolo estratto da Games&Parks Industry Febbraio 2019, pagina 84
Ing. Aldo Avancini / Proposta Srl / proposta_design@yahoo.it