I microchip sottocutanei saranno la prossima grande rivoluzione tecnologica

I microchip sottocutanei saranno la prossima grande rivoluzione tecnologica

1 Novembre 2020 Off Di Oscar Giacomin

Migliaia di svedesi e tedeschi si sono fatti impiantare microchip futuristici sotto la pelle della mano. Una tecnologia utilizzata per adesso per attività quotidiane come l’accesso allo smartphone, l’apertura della porta d’ingresso di casa o l’attivazione di un allarme.

Biohax Int’l, la startup con sede in Svezia che produce i microchip grandi come un chicco di riso e impiantati tramite una siringa al prezzo di 150 euro sta ora lavorando per diffondere la tecnologia in altre parti d’Europa.

Eric Larsen, che guida Biohax Italia, è in attesa dell’approvazione delle autorità sanitarie e del Ministero della Salute. Prevede di poter impiantare i chip sottocutanei in circa 2.500 soggetti a Milano e Roma nei primi sei-otto mesi. Anche senza la certificazione del Ministero della Salute, Biohax Italia è già riuscita a inserire questi chip in alcune centinaia di persone con l’aiuto di un centro medico. “È un passo verso il futuro. È una cosa estremamente futuristica ed è già realtà. Questa tecnologia è nata per aiutarci, per darci piccoli superpoteri”, le parole di Larsen a Euronews.

Ma la pandemia di Covid-19 potrebbe creare qualche apprensione in più tra la popolazione, aggiunge Larsen. L’opinione pubblica ha infatti mostrato preoccupazioni per le app che servono alla ricerca di contatti introdotte dai governi. “Stiamo notando che molte persone in Italia non sono contente della funzionalità GPS o di altre opzioni che possano tracciare i nostri movimenti. E questo potrebbe essere per noi dannoso, nonostante non tracciamo i movimenti e non abbiamo GPS all’interno. Penso che molte persone però non ne siano consapevoli”.

Il progettista svedese di soluzioni IT, Martin Lewin, utilizza i due microchip impiantanti sotto la pelle della mano per accedere al computer, impostare l’allarme dell’ufficio e aprire il suo profilo Linkedin. Secondo lui, l’utilizzo di questi microchip come alternativa ai pagamenti in contanti o con carta di credito dovrebbe essere il vero punto di svolta della tecnologia.

“Si tratta semplicemente di eliminare il bisogno di portarsi dietro il portafogli, il portachiavi, e tutti quegli elementi scollegati che creano solo rischi: se li perdiamo, perdiamo la nostra identità”, dice Jowan Österlund, il fondatore di Biohax International.

In Svezia, i microchip possono essere utilizzati come biglietto del treno, ma non ancora per effettuare pagamenti. “Spero diventi una funzione di base, ma so che servirà ancora del tempo”, afferma Lewin. “Mi hanno impiantato il chip tre anni fa, e sembra che ci vorrà un altro anno prima che possa funzionare per effettuare acquisti”.

Larsen fa sapere che in Italia Biohax sta parlando con Vodafone e Paypal per tentare di sbloccare questa funzionalità. Anche un’azienda del Regno Unito, BioTeq, sta lavorando per creare pagamenti contactless tramite i microchip impiantati. Steven Northam, il suo direttore, indica che questo sarà il “punto di svolta per l’adozione ‘di massa’”, dato che l’azienda riceve quotidianamente richieste di informazioni sugli “impianti di pagamento”.

Non tutto però va sempre come sperato. L’operatore ferroviario svedese SJ è sul punto di terminare la sperimentazione dei microchip dopo un “lieve aumento” negli ultimi due anni. Il numero totale di utilizzatori è ora di 3 mila persone. Un portavoce dell’azienda di trasporti ha detto a Euronews che, pur mantenendo la tecnologia disponibile, si muoveranno ora in “un’altra direzione”.

I microchip utilizzano le comunicazioni near field (NFC) e l’identificazione a radiofrequenza (RFID) per comunicare con un sistema. Sono onde radio lette a stretto contatto. “È essenzialmente la stessa tecnologia che si trova nel telefono o nella carta di debito quando li si tiene vicino a un sensore”, spiega il dottor Rob van Eijk, direttore generale per l’Europa del Future of Privacy Forum. Si pongono quindi gli stessi noti problemi di protezione dei dati, compresa la possibilità che qualcuno possa captare il segnale.

“È simile all’ascolto di un microfono direzionale; anche il segnale RFID si può captare”, ha spiegato Eijk, che ha lavorato per l’autorità olandese per la protezione dei dati. In teoria, potrebbe essere “usato per far risaltare un individuo in mezzo ad una folla, se è l’unico a indossare un biochip”, ha aggiunto. E si porrebbero ulteriori complicazioni a livello di privacy se le versioni future di questi chip dovessero accedere a dati sanitari o altre informazioni, ha sottolineato Eijk.

“Le uniche informazioni che si hanno sugli impianti vengono dalla cultura pop hollywoodiana – tra congegni in dotazione ad Arnold Schwarzenegger, polonio del KGB o dispositivi di tracciamento di massa. La gente quindi è apprensiva”, ritiene Österlund.

Ma molti dei suoi clienti useranno gli impianti sottocutanei semplicemente per lanciare i propri account Linkedin così da condividere più rapidamente il proprio profilo per esempio dopo una riunione di lavoro. 

Österlund aggiunge che al momento stanno lavorando con dei partner per far sì che questi microchip possano contenere informazioni sulla salute. Nel caso in cui qualcuno venisse portato in ospedale privo di sensi, un paramedico potrebbe scansionare il microchip e ottenere informazioni su allergie o patologie preesistenti.

Per ora, il lavoro in corso verte sui materiali utilizzati e i livelli di protezione dei dati. “Stiamo spingendo per creare un quadro normativo intorno a questa tecnologia, perché in questo momento lavoriamo in una zona grigia legale che va sì bene per lo sviluppo, ma poi entra nel corpo delle persone e ci rimane, quindi dobbiamo assumerci questa responsabilità”, sottolinea Österlund.

L’imprenditore stima che questa tecnologia esista già in almeno 20 paesi. BioTeq nel Regno Unito ha impiantato finora circa 250 microchip ad altrettanti soggetti.

Gli impianti non sono “regolamentati come dispositivi medici e quindi possono essere impiantati da chiunque”, indica Northam di BioTeq. L’azienda fa comunque ricorso a personale medico per l’impianto.

“Personalmente non vedo alcuno svantaggio. So che ci sono persone che sono preoccupate che possano essere tracciate, ma è una tecnologia passiva, quindi non c’è niente di cui non si possa avere il controllo”, ritiene Lewin. “È necessario usarlo da molto vicino, in modo che le informazioni possano essere lette dal chip. Alcuni credono che farsi l’impianto sia doloroso, ma equivale praticamente alla puntura di un’ape”.

“La popolarità di questi chip si ridurrà alla domanda: quali problemi ci aiuteranno a risolvere?”, dice Eijk del Future of Privacy Forum. “Guardate quanto velocemente siamo passati dal denaro contante ai pagamenti contactless – è successo nel corso di un certo numero di anni”. 

Si tratta ora di capire se un telefono possa diventare così piccolo da poter essere inserito sottopelle. “Ma questo è il livello successivo. Non è il tipo di tecnologia biochip di cui stiamo parlando ora”, conclude Eijk. 

Oscar Giacomin  / General Manager, Facto Edizioni

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