Controlli, responsabilità e semplificazioni
5 Agosto 2020/ di Aldo Avancini /
L’Ing. Aldo Avancini rientra nel nostro gruppo di contributor con lo spirito critico e l’ironia che lo contraddistinguono. Ecco le sue considerazioni sul DM del 18 maggio 2007.
A premessa delle riflessioni che andrò a fare, preciso che a mio avviso il “certificare”, ovvero il ‘Certum facere’, implica che si faccia certezza di un qualcosa, in maniera formale e soprattutto documentata, con l’ufficialità del documento scritto da persona con provata esperienza tecnica nelle problematiche del settore ed integrità professionale realmente dimostrabile e testata.
Anche se in questi giorni la parola d’ordine è “Sburocratizzare”, purtroppo permangono ancor oggi una serie di norme ufficialmente tese a garantire la sicurezza delle attrazioni, ma che in realtà sovrappongono controlli a controlli, ognuno dei quali può diventare (e spesso diventa) fonte di discussione e potere. Per non cadere nei soliti malintesi ed evitare considerazioni stupide del tipo “Questo qua non vuole i controlli, mettendo a rischio la vita dei bambini!” affermo subito che lo scopo di questo mio intervento è pretendere che i controlli non solo siano fatti, ma siano fatti da professionisti preparati nelle specifiche problematiche delle attrazioni, in maniera tale che, in caso di incidente, sia immediatamente chiaro chi ha sbagliato e dove, e se con dolo o per stupidità.
Vorrei porre la vostra attenzione in particolare sul DM del 18 maggio 2007 ‘Norme di sicurezza per le attività di spettacolo viaggiante’ (GU n. 136 del 14 giugno 2007). Intendo sottolinearne alcuni aspetti esiziali (no, non è un errore di battitura per “essenziali”. Ho scritto proprio ‘esiziali’ cioè ‘irreparabilmente dannosi’).
Il primo aspetto riguarda innanzitutto una corretta informazione che presuppone il concetto del ‘single contact point’, ovvero il dipendente della società/Amministrazione A parla solo con il dipendente della società/Amministrazione B, lasciando successivamente che siano i due contatti a provvedere alla distribuzione interna del contenuto e delle problematiche in funzione delle reciproche responsabilità interne all’Amministrazione e/o alla società. Questo per impedire che le informazioni si disperdano in mille rivoli rendendole di fatto incomprensibili… sempre presupponendo che non sia questo l’obbiettivo (il vecchio adagio “A pensar male si fa peccato, però…” è pur sempre attuale).
La seconda considerazione riguarda il dialogo, che a mio avviso deve avvenire tra funzioni (non giudico le persone) che devono grossolanamente avere una pari tecnicità. Ormai è storia la lunga discussione (90 minuti) sul colore del neutro nei quadri elettrici, dichiarato “blu”dalle norme e valutato “azzurro scuro” dal tecnico incaricato. Io faccio pubblica ammenda della mia ignoranza, e dico che gradirei un campione sia dell’uno che dell’altro, tenendo presente che i RAL sono stati inventati per rendere oggettiva (non soggettiva) una valutazione del colore.
La terza considerazione si rivolge alla preparazione tecnica della controparte, in maniera tale da mantenere considerazioni e valutazioni sul mero aspetto tecnico dell’attrazione. Non importano i nomi, ma se il tecnico che mi si siede di fronte è quel proprietario di mietitrebbia di cui cura la manutenzione nella stagione invernale in preparazione dell’estate, mi è lecito avere dei dubbi sulla sua specifica conoscenza delle attrazioni? Oppure è dichiarato “tecnico” tout court?
La quarta considerazione è forse la madre di tutto, ovvero il Comune deve “verificare la completezza e la congruenza della documentazione”, deve cioè verificare che ci sia tutta la documentazione prevista, senza però entrare nel merito della stessa! Quando spesso mi sento chiedere la relazione di calcolo per situazioni evidentemente a bassissima probabilità di incidente e a praticamente nullo rischio, la mia arma è “OK, ma mi firmi il ricevimento!”. E a quel punto molti non firmano. Forse perché firmandone il ricevimento si diventa corresponsabili? Ma se non si vogliono responsabilità, perché semplicemente non si prende atto della situazione certificata (ripeto “fatta certa”) dal tecnico? Eppure questa responsabilità viene spesso sbandierata a supporto dell’importanza della propria funzione. Allora, qual è la remora?
Il modo migliore per avere un responsabile è in realtà decisamente meno complicato: basta dire che all’apertura al pubblico, in caso di incidente, l’unico responsabile è il tecnico (se l’incidente avviene per difettosità insite nell’attrazione) o l’operatore (se non ha rispettato le prescrizioni all’apertura).
Si parla sempre di snellimento, semplificazione ed altro, ma in realtà il vero nocciolo del problema è che l’Amministrazione parte dal presupposto che ci sia sempre e comunque un qualche aspetto negativo nascosto o un qualche sotterfugio. Ma nella mia esperienza è vero l’esatto contrario, ovvero l’attrazione al primo controllo viene presentata completa e corretta, dopodiché entra nel meccanismo del viaggiante (ma non solo) dove si monta e si smonta, nell’attesa del tecnico comunale che verifica magari 40 attrazioni in tre ore!! E guardate che i numeri sono abbastanza realistici.
Vorrei sottolineare da ultimo come purtroppo simili atteggiamenti non siano estranei nemmeno agli ispettori, più o meno blasonati. Purtroppo le normative non possono prevedere tutte le realtà che l’ispettore si trova di fronte, come l’ascensore dell’attrazione interrata che in caso di emergenza deve salire e non scendere per raggiungere una posizione intrinsecamente sicura.
Alla prossima puntata.
Articolo estratto da Games&Parks Industry Luglio/Agosto 2020, pagina 100
Ing. Aldo Avancini / Proposta Srl / proposta_design@yahoo.it