La stoffa del campione, sempre

La stoffa del campione, sempre

12 Giugno 2022 Off Di Facto Edizioni

/ Conosciamo da vicino Daniele Acciari in quest’intervista a tutto tondo: i suoi commenti a caldo sul Mondiale IFPA17 e sul suo piazzamento, e poi come vede altri grandi giocatori, come ha scoperto e coltiva la sua passione e come giudica il prodotto Insider Connect di Stern /

A 37 anni, con una lunga e invidiabile carriera di giocatore di flipper internazionale, quattro titoli di Campione del Mondo nel proprio palmares, due di vicecampione e ben 11 partecipazioni ai Mondiali IFPA all’attivo, Daniele Acciari non aveva certo bisogno di un trofeo all’IFPA17 per dimostrare le sue qualità di player e da vero sportivo quale è ha avuto anche gli anticorpi per guarire in fretta da una performance sottotono. “A caldo ci sono rimasto un po’ male per la 20esima posizione, lo ammetto, ma la botta è passata subito” ci ha detto di ritorno dalla Florida. “Tant’è che ora sono carico e in partenza per Fulda, in Germania, per un altro torneo che inizia il 15 giugno e fa parte dell’IFPA Pinball Olympics 2022”.

Raccontaci un po’ da dentro il Mondiale di quest’anno. Che clima si respirava?

“Un clima fraterno con quasi tutti, non vedevamo l’ora di vederci e raccontarci dopo quasi tre anni di lontananza. Ovvio gli strascichi della pandemia si sono fatti sentire, tanto è vero che molti giocatori hanno scelto di non venire. Anche alle gare avevamo delle restrizioni legate al Covid, la più pesante delle quali, per me ma anche per gli altri, è stato l’obbligo di mascherina voluto da Josh Sharpe, presidente di IFPA. Indossarla tutto il tempo è stato molto scomodo, faceva passare la voglia di giocare e questo in me ha calato attenzione e prestazioni”.

Il titolo mondiale è andato a Eric Stone. Che tipo è, e soprattutto che giocatore è?

“Posso dirti che i primi quattro giorni del Mondiale sono stato a strettissimo contatto con lui e abbiamo spesso pranzato e cenato insieme nel suo ristorante preferito a Fort Meyr (la città dove si è disputato il Mondiale, che è anche la sua città) che è diventato anche il mio. Eric è un bravissimo ragazzo, umile, gioviale con tutti e simpatico. Di mestiere fa il meteorologo in un’emittente TV. Come giocatore è molto determinato e ha una capacità di concentrazione invidiabile. L’ho potuto notare proprio in questo Mondiale perché uscendo molto in anticipo rispetto al solito ho osservato meglio i miei avversari. Eric non stacca un attimo e mentre gioca risponde alle frasi provocatorie del flipper. Insomma vederlo giocare affascina ed è divertente, molto meno avercelo contro perché è molto bravo”.

Il fatto di essere di Fort Meyr e quindi di conoscere già la sede delle gare e probabilmente anche molti dei flipper del torneo, lo ha favorito?

“Certamente il fattore casa ha inciso molto sulle sue performance. Qualche flipper in gara era di sua proprietà e le altre macchine le conosceva in quanto ogni settimana si incontra all’Asylum con altri player del posto per giocare e allenarsi, a differenza di chi come me giocava per la prima volta con quelle macchine. Comunque la sua resta una vittoria meritata”.

Veniamo al tuo Mondiale: ti sei piazzato ventesimo. Cosa non ha funzionato?

“Ci credi che dopo quattro giorni di tornei premondiale (ndr. IFPA17 è cominciato il 27 maggio, ma tra il 22 e il 25 ci sono stati tre tornei minori promossi dal Pinball Asylum) non mi sentivo ancora me stesso nel gioco? E ci credi se ti dico che ho sentito di esserlo solo al sesto giorno, durante la seconda fase di qualifica? Ebbene sì, non ho sentito la gara come gli altri anni, e non ho fatto un podio nei tornei premondiale e nemmeno al Mondiale: sono tornato da Miami senza nulla e più che altro senza punti Wppr”. 

Come ti spieghi questo tuo sentire diverso?

“Il discorso sarebbe lungo… a differenza delle altre volte stavolta ero solo – Flavio Baddaria avrebbe avuto i titoli per partecipare, ma non ha potuto per problemi di lavoro – e ho sentito molto la mancanza di una spalla, di quel lavoro di squadra degli altri anni che ti carica emotivamente e fa sì anche che il compagno possa magari cercare di capire le regole dei flipper che non conosci e te le spieghi prima che ci giochi. Da aggiungere anche che sono stato in forse fino all’ultimo rischiando di non partecipare e prima avevo avuto un periodo di forte stress per problemi familiari”. 

Diciamo anche che i sorteggi non ti hanno favorito. Dover incontrare Keith Elwin al primo incontro dopo le qualifiche è stata una botta di sfortuna bella pesante.

“Sì, è vero Keith è un giocatore forte, anzi il più forte in assoluto secondo me, una leggenda per così dire. Peccato esserci scontrati in principio, questo scontro doveva essere una finale e non nei sedicesimi. Va messa in conto poi anche la mia grande difficoltà a conoscere le regole di gioco degli Stern nuovi, perché non ne ho a disposizione nella mia zona e quindi mi devo accontentare di vedere qualche video su Youtube ma è poco. Dovrei giocarli e rigiocarli per capire bene. Keith invece ha la fortuna di lavorare come game designer in Stern ed è lui a creare le regole di parecchi flipper. Quando abbiamo giocato con un flipper della JJP che anche lui non conosceva, lì l’ho battuto, ma non è bastato. Dai… uno dei due doveva uscire ed è toccato a me: pazienza, è stato comunque un onore giocare con lui”.

Due parole sui tuoi sponsor, la Star Games di Itri, in provincia di Latina.

“Molto volentieri…devo un grande grazie a quest’azienda che opera nel settore del gaming da circa 40 anni ed ha cominciato gestendo una sala giochi, la sola nella loro cittadina. Il suo titolare Renato Agresti mi ha dato fiducia e ha sposato la mia causa. È stato il mio sponsor, ma è anche un grande amico e uno che crede fermamente nei flipper e nella loro diffusione come disciplina sportiva, per cui quando a malincuore stavo per ufficializzare il fatto che non avrei potuto partecipare ai Mondiali per mancanza di sponsor, lui si è fatto avanti, accollandosi in toto le spese della mia trasferta. Gli devo moltissimo. In passato usavo fare 10-11 trasferte l’anno per i tornei: ero spesato nei viaggi aerei (grazie allo sponsor di allora), ma tutto il resto era a mio carico e potevo anche permettermelo. A partire dal 2017 non ho più avuto la stessa disponibilità finanziaria per cui ho dovuto tagliare i costi, come fanno le aziende, e limitare di molto i viaggi, riducendoli a tre-quattro l’anno e preferendo quelli che potevano avere più resa in termini di punti Wppr. Questo, ahimé, ha significato anche azzerare, o quasi, le mie partecipazioni ai tornei in Italia; sono consapevole che andandoci avrei potuto contribuire alla diffusione del flipper nella nostra nazione, ma erano un costo per me e mi portavano un punteggio troppo basso”. 

Acciari con il titolare di Star Games Renato Agresti, che ha sponsorizzato la partecipazione del campione italiano a IFPA17.

Tra i player, mi pare ci sia una nuova generazione di ventenni agguerrita e molto in gamba. Penso, per esempio, al tedesco Ostermeier e all’americano Esher Lefkoff…

“Sì, lo sto notando anch’io, tra le nuove leve ci sono ragazzi molto tenaci e agguerriti. Noto soprattutto che ci sono finalmente ragazzi che si allenano molto prima di una gara, e ciò vuol dire che ci tengono anche a far bene. Sai che io capisco se le doti di un giocatore gli derivano da duro allenamento o piuttosto ‘istinto’ mentre gioca?”. 

Spiegaci.

“Personalmente io fin da ragazzino sono stato uno che ha giocato poco a flipper al di fuori delle gare, e visto dove sono arrivato ritengo che la mia sia una dote. L’allenarmi poco mi porta però da sempre a essere propenso al rischio in gara (il che può anche essere un handicap), mentre chi si sottopone a un duro allenamento nella maggior parte dei casi fa sempre la stessa cosa in un flipper, cioè quella che ritiene più sicura. Di queste nuove generazioni, a Fort Myers ho visto solo Escher Lefkoff differente dagli altri e più propenso a rischiare”. 

Una cosa è sicura: questi giovani sono una bella conferma della vitalità che il flipper mantiene ancor oggi.

“Sì, assolutamente d’accordo! Spesso i giovani talenti sono figli di padri giocatori, e i figli sono talenti mentre i padri no. Mi dà molta soddisfazione il fatto che queste nuove leve prima di diventare loro stessi dei campioni, per allenarsi abbiano guardato molto le mie partite e quelle di altri grandi flipperisti. Capita che ai tornei vengano da me con foto di dieci anni prima che si erano voluti fare con me quando avevano 11-12 anni. Per loro sono un esempio di come giocare e mi fanno molte domande. La cosa mi dà un enorme piacere e tanta voglia di continuare. Peccato che questo accada solo all’estero; mi piacerebbe fosse una realtà anche in Italia”.

A te cosa fa amare il flipper? 

“Mi affascina perché è un gioco reale a differenza dei videogame che sono invece una simulazione, quindi finti. Questa caratteristica mi piace molto perché rende ogni flipper unico, anche se parliamo dello stesso modello. Ogni flipper ha una sua unicità in termini di costruzione, di usura, di settaggio. Mi è capitato di giocare con apparecchi che erano esattamente lo stesso modello di quello che ho a casa mia e conosco benissimo, ma era come giocare su apparecchi diversissimi proprio per quello che ti dicevo. Il flipper è il solo giudice della tua partita e giudica tutti in modo imparziale e nella stessa maniera; non c’è sudditanza psicologica e scorre liscio come l’olio a differenza di altri giochi come il calciobalilla dove capitano sempre discussioni in partita per via di molti eventi dubbi. Nel flipper questo accade raramente, quasi mai. Il flipper tira fuori il tuo stato emotivo, e la partita è sempre contro l’apparecchio stesso anche se giochi con altri avversari. La forza di gravità è quella che alla fine vince sempre: una partita ha un suo inizio e sempre una sua fine provocata dalla gravità che porta la palla in buca. Nel flipper non ci possono essere imbrogli, il che è molto importante. Il giudice è una macchina che sarà sempre imparziale”.

Che doti richiede giocare ai tuoi livelli?

“Molta resistenza, resilienza, pazienza, tenacia e soprattutto coraggio, il coraggio di rischiare”.

Raccontaci dei tuoi inizi. Come ti sei appassionato?

“Ho iniziato a giocare a flipper quando entrato per la prima volta in una sala giochi, all’età di 7 anni, ho visto tanti videogiochi ed un solo flipper: era un Cue Ball Wizard della Gottlieb del 1992. Non so perché ma sono stato attratto proprio da lui. Non arrivavo ai tasti e giocavo stando in piedi su uno sgabello. Non è stato subito facile, però ad un certo punto ho iniziato a giocare bene e a fare tanti punti: vincevo partite su partite (anche mettendo i record), quindi con 500 lire giocavo tutto il giorno. Continuai a giocare dopo scuola fino all’età di 12 anni. Poi i flipper cominciarono a scomparire dai locali per far posto ai videopoker”.

Tu però non hai smesso di amarli…

“Certo che no! Me li facevo in casa con tavolette di legno e palline occasionali fin a quando nel 2006, a 21 anni, ho iniziato a lavorare e mi sono così comperato il mio primo flipper, un Doctor Who della Midway. In seguito, iniziai a curiosare in Internet dal computer di casa, scoprendo che nel mondo esistevano dei tornei di flipper. In un forum italiano di flipper lessi che si cercavano quattro giocatori per formare la nazionale italiana per gli Europei in Svezia del 2007. Mi candidai e mi andò bene: partecipammo io, un ragazzo di Torino, Davide Delprato, e mio papà Paolo”. 

Come ti classificasti a quel torneo?

“Quinto, e per essere una prima gara e per di più di spicco non fu male. Successivamente nel 2008, 2009 e 2010 vennero organizzati dei tornei anche in Italia (i campionati nazionali): ne vinsi due, per cui i flipper in casa diventarono tre”. 

Nel 2010 è arrivato anche il tuo primo titolo di Campione del mondo.

“Sì, a Minneapolis. Fu Tecnoplay a contattarmi per andare a giocare i Mondiali con la sua sponsorizzazione, credendo in me più di me stesso… e da perfetto sconosciuto diventai campione del mondo per la prima volta. Da qui anche io ho cominciato a credere in me e alla rinascita del flipper: iniziai a fare 10-11 tornei l’anno bruciando tutte le ferie al lavoro solo per andare a giocare. Altri Mondiali IFPA li ho vinti nel 2012 a Seattle, nel 2015 a Göteborg e nel 2016 a Pittsburgh, ma ho vinto anche il Papa Circuit Final nel 2013 ed altre gare importanti. Nel 2018 e 2019, inoltre, mi sono piazzato secondo sempre ai Mondiali”. 

E tutto questo senza tanto allenamento, come dicevi prima? Da non crederci!

“A flipper ci ho giocato molto fino al 2010, poi sempre meno fuori dai tornei. Ormai da solo mi coinvolge poco perché non c’è la competizione, mi manca l’obiettivo da raggiungere. Ci gioco un po’ di più se ho la possibilità di imparare un flipper nuovo, oppure per imparare nuovi colpi e modi per fermare la palla”.

Dai flipper meccanici a quelli ultramoderni di oggi…. Da esperto, quali sono le principali differenze?

“In termini di scorrimento palla, il cosiddetto “flow”, i flipper meccanici sono molto lenti rispetto ai più moderni; diciamo che più passa il tempo e più la palla va veloce sul piano di gioco. Non a caso, una dote che si deve avere nei tornei è proprio la capacità di adattamento nel passaggio da un tipo di flipper all’altro perché molto spesso si gioca su macchine di epoche diverse. Nei flipper meccanici la differenza la fanno anche i colpetti che si danno al mobile per modificare il percorso che farà successivamente la palla. Altra differenza sono le regole del gioco, molto più complesse nei giochi moderni. Infine, nei flipper meccanici la fortuna conta purtroppo più dell’abilità. L’abilità aiuta sempre e fa sempre la differenza, ma se in un meccanico la sorte ha deciso che devi perdere, perdi e basta. Infatti molte volte nei tornei succede che i giocatori di più basso livello, quando giocano con avversari con cui non avrebbero speranze di vittoria, scelgono un flipper meccanico se ne hanno la possibilità, specialmente se a palette corte”.

Negli ultimi mesi Stern ha lanciato Insider Connect. Che te ne pare?

“Questo software permette di assegnare un QR code ad ogni giocatore in modo da identificarlo quando gioca e registrare tutta la sua attività ovunque si trovi. Trovo il prodotto molto innovativo perché consente a giocatori di ogni parte del mondo di confrontarsi su una piattaforma unica a livello globale con impostazioni standard a livello software. Non va dimenticato, però, che ci sono anche impostazioni fisiche nel flipper e queste non possono essere considerate dalla piattaforma; penso ad esempio alla pendenza, alla larghezza delle buche, al livello di rimbalzo degli elastici, all’usura degli elastici e della macchina in generale. Per essere un inizio, la reputo una cosa molto buona e propositiva che può aprire le porte sicuramente a qualcos’altro di più coinvolgente e attrattivo anche a livello competitivo”.

Un’ultima curiosità: ai Mondiali in Florida di quest’anno avete giocato all’Asylum, un club dove chi ama il flipper trova decine di apparecchi con cui divertirsi. Ci sono posti così in Italia?

“Purtroppo no, in Italia noi giocatori siamo troppo distanti per poter condividere uno spazio comune dove mettere i nostri flipper, invece di tenerli in casa o in garage. Sarebbe comodo averlo, anche perché ci guadagnerebbero tutti. Forse da noi manca ancora anche la mentalità della condivisione. La sola realtà italiana che si avvicina all’Asylum è, da quanto so io, il Milano Pinball Club in via Sant’Uguzzone 8 a Milano.  Da 10 anni è un punto di ritrovo per i flipperisti di Milano e dintorni”.

Lo hai visitato?

“Sì, anche se non posso frequentarlo spesso perché vivo lontano da Milano, a Rocca di Papa (Roma). Ad ogni modo, in questo club ogni martedì si gioca a flipper dalle 21 alle 24, e si organizzano tornei riconosciuti da IFPA che durano tutto l’anno. I flipper a disposizione, settati in free-play, sono otto, in parte comprati in comproprietà ed in parte prestati al club da collezionisti. Ho detto che è una realtà simile all’Asylum, ma non di pari livello perché a Milano i flipper sono molto meno e poi lo spazio è condiviso con altre associazioni. Questo vuol dire che si può accedere ai giochi solo in quel giorno della settimana e in quelle tre ore serali. Non è molto a confronto con gli Usa, ma è comunque qualcosa che vale tanto, e di questo dobbiamo ringraziare Giorgio de Stefani, presidente del Milano Pinball Club per il suo grande impegno”. 

Intervista pubblicata in Play Machine Europe Maggio 2022, pagina 22

Foto Courtesy: Daniele Acciari, IFPA Italia

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