Scatti importanti? Non con uno smartphone!
1 Marzo 2022Mi capita spesso di confrontarmi con i clienti per i quali curo la comunicazione riguardo alla qualità delle foto che si possono fare con gli smartphone e al loro non essere ottimali, a mio giudizio, per l’uso in flyer, carta stampata ecc.
La fotografia è scrittura della luce, e se il sensore è microscopico la luce in gioco è molto poca. Io non sono tra quelli che criticano aprioristicamente le fotocamere degli smartphone. Sono consapevole che fanno veri e propri miracoli, ma al tempo stesso osservo che uno smartphone non nasce per foto still life destinate a poster o riviste, ma deve fare semplicemente ottime foto da pubblicare online o da stampare in piccolo formato.
In quest’ottica, forse, la risoluzione è il dato meno importante, molto meglio valutare esposizione, riduzione del rumore e resa cromatica. Qui c’è ancora tanto da lavorare, anche se bisogna rendersi conto che almeno sotto il profilo del puro pezzo di alluminio, vetro e silicio, ovvero il telefono e i suoi componenti, siamo giunti al capolinea. Oggi, e non per colpa dell’assenza di progresso tecnologico, i componenti fotografici inseriti all’interno degli smartphone hanno raggiunto un punto dove è difficile (se non impossibile), anche per ragioni di costi, andare oltre. Lo dice la matematica, lo dicono gli spazi.
Quando un produttore esalta la qualità della fotocamera inserita nello smartphone spesso elogia il sensore grande, i pixel maggiorati per catturare più luce e la lente luminosissima, ma gli smartphone hanno un vincolo obbligato, e da questo bisogna partire per capire le scelte fatte e tutti gli altri numeri: questo vincolo è lo spessore. Uno smartphone oggi è spesso in media 7mm, chi più chi meno: il modulo fotocamera, che comprende sensore, lente e stabilizzatore, deve stare in questi 7mm.
In fotografia c’è un numero che guida tutto, e questo numero è la lunghezza o distanza focale: la lunghezza focale indica la distanza tra il centro ottico dell’obiettivo e il piano sensore dove l’immagine viene messa a fuoco. La distanza focale, se abbinata ad un sensore di una determinata dimensione, determina l’angolo di campo, ovvero l’area inquadrata. Per questo motivo si è deciso di usare un sensore di riferimento, e la scelta è caduta sul sensore da 35mm (24mm x 36mm), un sensore che ha le dimensioni dei fotogrammi della vecchia pellicola e che viene usato sulle fotocamere full frame. Se si monta un obiettivo da 200mm su un sensore full frame la distanza tra il piano del sensore e il centro della lente è veramente di 200mm, come 50mm è la distanza dal sensore al centro della tipica lente per i ritratti.
Fissato l’angolo di campo, se si riduce la dimensione del sensore si riduce necessariamente anche la distanza focale. Nel caso degli smartphone la distanza focale è una sorta di vincolo strutturale: se lo smartphone è spesso 7mm, tolto un millimetro per lo schermo e 1mm per la scocca restano 5mm. Se si calcola che il sensore ha un suo spessore, che c’è l’elettronica di mezzo e che la lente non è piatta si arriva ad un valore ancora inferiore. La distanza focale di un iPhone 8 Plus, ad esempio, è di 3.99mm: tra il sensore e il centro della lente ci sono praticamente 4mm. Potevano essere 3mm, ma questo voleva dire utilizzare necessariamente un sensore più piccolo ancora: ecco spiegato il bozzo sul retro degli smartphone, che sarà anche antiestetico ma fa guadagnare al produttore quel millimetro che serve.
Il gioco è semplice: a parità di angolo di campo un sensore più grande richiede una distanza focale più lunga (e non ci starebbe nella scocca dello smartphone) e una distanza focale più corta obbligherebbe ad utilizzare un sensore più piccolo.
La distanza focale la si ottiene analizzando i dati Exif, una serie di metadati del file jpeg che memorizzano i parametri di scatto e i dati della lente. Se si apre con un qualsiasi programma una foto fatta con un iPhone si legge infatti “distanza focale 4mm equivalente a 28mm”. Quello dell’iPhone è un grandangolo, la distanza tra sensore e lente sarebbe di 28mm se il sensore fosse un full frame ma dato che il sensore è molto più piccolo è di soli 4mm. Stesso angolo di “scatto”, stessa porzione di scena catturata ma numeri in gioco molto più piccoli.
Entrano ora in gioco altri due fattori: la risoluzione e la lente. Per la risoluzione è facile capire che se il sensore ha una determinata dimensione dettata dal calcolo fatto prima, più megapixel ci mettiamo e più piccoli devono essere questi pixel. 12 megapixel è oggi la risoluzione che permette allo stesso tempo di avere pixel più grandi, quindi capaci di raccogliere più luce, e una risoluzione perfetta anche su TV 4K. Un sensore da 20 megapixel con pixel grandi è necessariamente più grande e richiederebbe una distanza focale maggiore. Il Lumia 1020, con il suo sensore da 41 megapixel, aveva una distanza focale di 6.6mm, e infatti oltre ad avere un corpo spesso lo smartphone aveva anche un blocco fotocamera decisamente sporgente.
Inutile quindi analizzare ancora gli scatti al 100%: da questo punto di vista è davvero difficile migliorare, e con il sensore di uno smartphone non si potrà mai ottenere la pulizia e la nitidezza di una reflex o di una APS-C. I parametri su cui valutare la foto di uno smartphone sono altri come ad esempio dinamica, resa cromatica, gestione dell’esposizione e del flash. Qui si vede davvero chi ha investito tanto per migliorare la fotocamera e chi si è limitato a cercare un buon modulo fotografico lasciando che sia l’app di base a far tutto.
Oscar Giacomin / General Manager, Facto Edizioni
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