L’arte di dare un nome

L’arte di dare un nome

1 Agosto 2023 Off Di Oscar Giacomin

La prima impressione conta e non solo quando si parla di incontri tra persone. Pensateci, il nome è il primo elemento attraverso cui un brand, un prodotto o un servizio comunicano chi sono. È il documento d’identità con cui si presentano al pubblico ed è per questo che quanto più quel ‘documento’ è coerente, chiaro e riconoscibile tanto maggiore sarà la capacità del brand, prodotto o servizio di caratterizzarsi, di presentarsi in modo efficace e di essere memorizzato. È dal nome che comincia per un’azienda o un suo prodotto/servizio il percorso per stabilirsi con successo nel mercato.

Secondo uno studio di Nielsen, oltre due terzi dei lanci di nuovi prodotti falliscono. Perlopiù questi stentano a raggiungere gli obiettivi di business prefissati e vengono tolti dal mercato entro un anno dal loro lancio. Un modo per spostare l’ago della bilancia a proprio favore è allora quello di fare un attento lavoro di ‘naming’, termine che in ambito marketing definisce proprio il processo attraverso cui si sceglie il nome per un’azienda, un prodotto o un servizio.

Tecniche e strategie di Naming

Il Naming è un processo complesso che coinvolge diverse discipline e ambiti che si mescolano in modo creativo fino a distillare il nome. Psicologia, linguistica, cultura pop, Tv, film e altro ancora: tutto può concorrere alla creazione di un nome.

Prima fondamentale fase del processo è in ogni caso sempre una, e cioè l’analisi della brand identity: i valori, la vision e la mission del brand; le user personas che identificano l’audience e i potenziali consumatori dell’eventuale prodotto; e il posizionamento che quel brand o prodotto vogliono assumere.

La fase successiva è quella di un brainstorming in cui si fa uno studio del mercato e dei competitor già presenti, il loro posizionamento e i valori evocativi che vogliono esprimere in modo da ritagliarsi uno spazio lasciato ancora libero in termini di novità e originalità. Il web diventa in questa fase un supporto fondamentale. Per esempio, per scoprire i nomi che circolano in rete, ma anche quali trend e richieste si muovono intorno al concetto che noi vogliamo esprimere, e quanto un certo nome risulti spendibile e valutabile in termini di strategie SEO e content marketing.

Dal brainstorming risulterà una lista di nomi da cui partirà la terza fase del processo, più prettamente creativa in cui, con un lavoro lungo, quei nomi vengono manipolati, affinati, confrontati, testati (per es. con sondaggi) e via via scartati riducendo la rosa dei possibili. Da tener presente che esistono molti tipi di nomi:

  • descrittivi: descrivono in modo didascalico e immediato il prodotto/brand o una delle sue caratteristiche e hanno nella chiarezza la loro forza (per es. Booking.com);
  • inventati: nomi di fantasia che prima non esistevano (per es. Nutella);
  • evocativi: nascono per stimolare la fantasia del consumatore senza descrivere la proposta commerciale attraverso associazioni di pensiero (es. Starbucks, la catena di caffetterie, il cui nome deriva da un personaggio del romanzo ‘Moby Dick’;
  • patronimici, cioè coincidono con il cognome (o nome e cognome) del fondatore dell’azienda. Si usavano molto soprattutto nel passato (es. Louis Vuitton o Barilla);
  • acronimi, cioè usano le iniziali di altri nomi, spesso quello della completa denominazione commerciale (es. FIAT, IKEA, NASA).

Che sia dell’uno o dell’altro tipo il nome ‘giusto’ dovrebbe avere caratteristiche come:

  • originalità per emergere rispetto ai competitor;
  • coerenza con la brand identity; 
  • brevità, perché la lunghezza di un nome è direttamente proporzionale alla difficoltà di memorizzarlo;
  • capacità di trasmettere emozioni; 
  • facilità ad essere ricordato;
  • facilità ad essere pronunciato ed anche tradotto in altre lingue. Quest’ultimo è un aspetto da non sottovalutare se si vuol dare al proprio brand o prodotto un respiro internazionale senza incorrere in ‘passi falsi’ di comunicazione. Per fare solo due esempi, chi non ricorda la Jetta di Volkswagen, auto dal nome infelice per noi italiani vista l’assonanza con la parola ‘getta’, o il trasformatore di IKEA ‘Slut’, una parola che in inglese è però un epiteto volgare con cui rivolgersi a una donna? 

Una volta che abbiamo una rosa di nomi, il passo successivo da compiere, soprattutto se stiamo facendo naming di brand, è quello di verificare la disponibilità del dominio e la registrabilità del marchio. Potrebbe infatti accadere che il dominio online corrispondente al nostro nome non sia libero, nel cui caso andrà riconsiderata la scelta fatta. Una volta trovato un dominio disponibile, è inoltre bene, creare un account sui social usando questo dominio.

Inoltre la scelta di registrare il nome, facendolo diventare marchio è necessaria se si vuole creare attorno a quel nome un’attività di tipo imprenditoriale. A quel punto il nome assume anche la caratteristica di una voce di bilancio espressione di una valutazione economica. Occorre infatti tutelare il nome, ma anche essere tutelati da un punto di vista legale per avere tutte le carte in regola ed operare con tranquillità sia online che offline. 

Oscar Giacomin  / General Manager, Facto Edizioni

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