
Microchip in un cervello umano, tra prospettive e perplessità
2 Febbraio 2024“Il primo uomo ha ricevuto un impianto da Neuralink ieri e si sta riprendendo bene. I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento di picchi di attività neuronale”. Così, poche ore fa, ha scritto su X.com (ex Twitter) Elon Musk per annunciare la realizzazione di ciò che fino a ieri a molti sembrava possibile solo nella fantascienza: l’installazione di un microchip in un cervello umano. Ad eseguire l’intervento è stata la società di neurotecnologie fondata da Mr Tesla nel 2016 (Neuralink, appunto) mentre a ricevere il dispositivo (che si chiama Telepathy) è stato un paziente tetraplegico. Il delicatissimo intervento, eseguito da un robot sviluppato appositamente da Neuralink, ha comportato l’impianto di un chip delle dimensioni di un bottone, dotato di 64 ‘cavi’ – dei filamenti più sottili di un capello – ognuno dei quali con 16 elettrodi che interagiscono con i neuroni.
L’obiettivo di Neuralink è quello di costruire dei canali di comunicazione diretta tra il cervello e i computer (Pc, telefonino o altro device) grazie ai quali il soggetto diventa in grado di controllare con il pensiero dei dispositivi elettronici. Questo verrebbe ad essere di grande aiuto nella cura di problemi seri come paralisi nonché disturbi neurologici invalidanti come la Sla, l’Alzheimer o il Parkinson. Allo stesso tempo, uscendo dall’ambito prettamente medico, aprirebbe la strada a nuove facoltà per il cervello umano che uniscono la potenza del nostro cervello e quella dell’intelligenza artificiale.
Va detto che Neuralink non è stata in verità la prima azienda a intraprendere questa strada. Sono almeno 20 anni che si sta lavorando alle interfacce cervello-computer, e a livello internazionale esistono decine di centri universitari e industrie che stanno sviluppando sofisticati microelettrodi cerebrali per applicazioni tra le più svariate, prevalentemente nel campo della riabilitazione in neurologia.
Il fatto di essere giunti alla sperimentazione umana è comunque un punto di svolta decisivo per Neuralink e un traguardo a cui sinora sono arrivati in pochi.
Come leggere allora la notizia annunciata da Musk? La comunità scientifica suggerisce prudenza: osserva che i veri successi si possono valutare solo nel lungo periodo e che attualmente ci troviamo ancora solo agli albori della sperimentazione sull’uomo, tant’è che la stessa Neuralink ha fissato in sei anni la durata del suo studio clinico.
Comportando inoltre un intervento chirurgico assai invasivo, la tecnologia usata dalla società di Musk non è affatto priva di rischi (per esempio, si dovrà verificare se la presenza di microelettrodi nella corteccia induca un’infiammazione dei neuroni) e dovrà quindi dimostrare non solo di funzionare, ma anche di offrire benefici significativi e duraturi, tali quindi da giustificarne i rischi.
Inoltre, se Neuralink per ora con quest’intervento ha dimostrato che impiantare un microchip è fattibile, la vera sfida, osservano gli esperti, è un’altra: riuscire a interpretare i segnali dal cervello e poi riuscire a stimolare e ripristinare.
Parecchi sono anche i quesiti etici che vengono posti dalla sperimentazione avviata da Neuralink e dai suoi possibili sviluppi. Per esempio, fin dove potrà spingersi l’intervento della tecnologia sul cervello? Per quali finalità sarà eticamente sostenibile ammettere simili forme di ingerenza? E come bilanciare i progressi delle cure mediche che si prospettano con il potenziale business economico in gioco?
Ci troviamo di fronte a scenari futuri ancora ignoti. Ciò che è certo è che il viaggio è iniziato e Neuralink ne è al momento uno dei protagonisti principali.
Oscar Giacomin / General Manager, Facto Edizioni
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